Porco Rosso: la storia di Marco Pagot e del suo antifascismo

Marco Pagot, alias Porco Rosso, è oramai diventato una bandiera dell’antifascismo: ecco perché questo personaggio incarna certi valori e può essere un esempio

«Piuttosto che diventare un fascista meglio essere un maiale». Questa frase vi dice qualcosa? Se avete visto Porco Rosso sì, perché condensa in poche parole una parte importante dello spirito del film, capolavoro dell’animazione giapponese dello Studio Ghibli e di quel genio di Hayao Miyazaki.

Il periodo storico in cui è ambientato Porco Rosso

Lo Studio Ghibli è famosissimo per i suoi film ambientati in mondi di fantasia unici e curatissimi, ma in Porco Rosso succede qualcosa di diverso: il protagonista, ovvero Marco Pagot, è un maiale antropomorfo ed è uno dei pochi elementi fantastici della storia. Se Marco Pagot non avesse questo aspetto, il film sarebbe calato in un contesto ancor più realistico.
Porco Rosso è il soprannome di Marco dovuto alle sue sembianze, anche se in realtà non è nato così: ci si è trasformato dopo essere sopravvissuto a un terribile raid aereo. La natura esatta della sua trasformazione rimane misteriosa e ci sono diverse teorie al riguardo, anche se il film fa capire che si tratta di una punizione autoinflitta, che deriva da un mix di senso di colpa e di disillusione nei confronti della razza umana a seguito della Prima Guerra Mondiale, a cui Marco aveva partecipato.

La verità probabilmente risiede proprio nel trauma causato dalla guerra, perché Marco si sente “un maiale” per essere l’unico sopravvissuto tra i suoi amici e compagni, un destino che non sente di meritare.

Nonostante i toni leggeri e quasi fiabeschi il film sviluppa la sua storia in un’ambientazione che sembra agli antipodi: l’Italia nel periodo compreso tra la prima e la Seconda Guerra Mondiale.
Alcuni storici sostengono che questo periodo storico sia il più importante del XX secolo: dopo un periodo di forte depressione economica le persone erano non solo più povere, ma anche sempre più indignate, per cui diventarono facili prede di affabulatori di piazza, che con argomentazioni razziste e populiste spinsero intere folle a sostenere dei regimi fascisti in tutta Europa.

Come i moderni conflitti hanno influenzato Porco Rosso

Avevamo già parlato delle origini del film Porco Rosso nel nostro articolo riguardo alcune curiosità sullo Studio Ghibli che solo i veri esperti conoscono, ma qui vogliamo soffermarci ancora su un concetto: Miyazaki, sceneggiatore e regista di Porco Rosso, non è un uomo che rimane indifferente ai grandi sconvolgimenti di un’epoca.

L’intera produzione nipponica è stata fortemente influenzata dai disordini politici che hanno sconvolto la Jugoslavia, causandone il crollo. Miyazaki ha ravvisato una sorta di parallelismo tra i periodi di crisi e disperazione antecedenti la Seconda Guerra Mondiale e quello che ha preceduto la fine della Jugoslavia, e i relativi conflitti che sono esplosi di conseguenza.

Non è un caso che parte del film sia ambientato non solo in Italia, ma anche in Croazia: Dubrovnik, nota anche come Ragusa di Dalmazia, durante le guerre jugoslave si trovò ad essere quasi sulla linea del fronte, tanto che il 6 dicembre 1991 venne bombardata dalle forze armate jugoslave (soldati serbi e montenegrini). Le bombe causarono moltissime vittime e danneggiarono notevolmente anche il centro storico.

Miyazaki rimase molto turbato da questo periodo e dalle notizie riguardanti le guerre nei balcani, tanto che un film nato per essere qualcosa di leggero divenne d’improvviso un’opera più complessa, poiché l’ambientazione che il maestro nipponico aveva scelto era tornata ad essere un teatro di guerra anche nella realtà.

L’integrità morale di Marco Pagot

A questo punto la politica diventa una parte ancor più importante della caratterizzazione del protagonista: il film rimane sempre focalizzato sullo sviluppo dei personaggi, a cui fa da sfondo un clima che degenera e che come sappiamo porterà a una guerra, però le idee morali e politiche sono ciò che plasma e dà forma all’animo di Marco Pagot.
All’inizio Marco viene presentato come un abile pilota d’aerei e cacciatore di taglie, che cerca di guadagnarsi il pane per vivere da solo su una piccola isola dell’Adriatico. Durante le sue missioni si ritrova a lottare contro i pirati aerei e marittimi, nel frattempo però il nuovo governo fascista ha assoldato degli sgherri per dargli la caccia, perché su Marco pende un mandato di cattura in tutta Italia.
Porco Rosso ha tantissime ragioni personali per odiare il regime fascista dunque, in primis perché vorrebbero arrestarlo e in secondo luogo perché gli mettono i bastoni tra le ruote attivamente, eppure lui rimane un convinto pacifista con un alto senso dell’onore, nonostante la sua visione disillusa del genere umano e la sua mancanza di fiducia nel prossimo.
Tra le pochissime persone che Marco lascia avvicinare a sé ci sono l’amica di lunga data Gina e la giovane Fio, la nipote del suo meccanico: sui rapporti con questi personaggi chiave il film si concentra parecchio, a cui si aggiunge un approfondimento del legame atipico che Marco sviluppa con il pilota americano Curtis.

Nonostante i due si affrontino più volte a muso duro, sia a parole che fisicamente, si comportano alla fine da veri gentiluomini l’uno nei confronti dell’altro, una volta che il conflitto tra di loro è finito: si rispettano davvero a vicenda, nonostante le differenze abissali che li hanno spinti a combattere. Si tratta di una cosa molto rara, anche oggi dove il rispetto per il diverso non è un valore così scontato – per non parlare del fatto che Marco arriva a rispettare un suo nemico!
In un mondo che deve riprendersi da un grosso sconvolgimento, ovvero la Prima Guerra Mondiale, e che viaggia spedito verso un altro evento storicamente tragico, ovvero la Seconda Guerra Mondiale, mantenere l’integrità morale è di vitale importanza per non perdere la bussola, una scelta che è non sempre facile e che Marco, ovvero Porco Rosso, porta avanti per tutta la durata del film, nonostante quello che gli capita, ma soprattutto nonostante il suo passato da veterano di guerra, costellato da esperienze devastanti.

Dopo tutta una serie di peripezie e grazie al rapporto che ha costruito con i suoi amici intimi, Marco Pagot torna addirittura ad avere un po’ di fede nell’umanità in un momento storico del genere, tanto che viene accennato nel finale il suo ritorno anche a una forma più umana e meno… suina.

La differenza tra Porco Rosso e Jiro Horikoshi

C’è da sottolineare anche un altro fatto molto interessante: Miyazaki si è avvicinato di nuovo a questo periodo storico e al tema degli aerei con il suo film Si alza il vento, opera basata sulla vita di Jiro Horikoshi, che è esistito davvero e ha progettato diversi aerei da combattimento per il Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale.

Mentre il protagonista di Porco Rosso oppone resistenza al regime brutale che si era instaurato in Italia, Horikoshi contribuisce invece a rafforzare quello del proprio Paese, senza rendersi conto del peso delle sue azioni finché non è troppo tardi.

Miyazaki con questi due film vuole mostrare due risposte distinte all’oppressione del governo, i due lati della medaglia: da una parte c’è Porco Rosso, l’eroe che non china la testa nemmeno in una situazione di vita o di morte, mentre al lato opposto c’è Jiro, una figura tragica che finisce con il diventare complice di un regime pur di inseguire il suo sogno.

Eppure nonostante il suo aspetto animalesco, nonostante il suo fare da duro e nonostante la sua disillusione, è sempre Porco Rosso il personaggio più positivo tra i due: la libertà di Marco è sofferta, guadagnata duramente, inoltre deve anche lottare per mantenerla, perché sa quanto costa a un uomo essere davvero libero.

Jiro invece pur di seguire il suo sogno personale è disposto a sacrificare tutto, persino il tempo prezioso da dedicare all’amata Nahoko che soffre di tubercolosi, persino la propria morale pur di creare della macchine perfette, nonostante a un certo punto realizzi anche che saranno utilizzate per dispensare morte.

E qui torniamo alla frase che ha reso Porco Rosso un simbolo dell’antifascimo: «Piuttosto che diventare un fascista meglio essere un maiale». Marco potrebbe lasciarsi tutto alle spalle, distogliendo lo sguardo come tanti altri dal mondo o assolvendosi, ma non lo fa: coltiva un senso di vergogna per essere sopravvissuto ai compagni in guerra, porta avanti la contestazione del regime fascista, e l’abbandono della società cosiddetta civile per diventare un cacciatore di taglie.

Marco non vuole rinunciare alla sua integrità morale ed è proprio questo che fa tutta la differenza del mondo in tempi disperati, dove spesso in tanti, per rincorrere un briciolo di felicità, sono disposti a sacrificare un pezzo della propria umanità, anche a discapito degli altri. Marco è antifascista anche per questo.