La DreamWorks rallenta con Turbo – Recensione

Turbo (in copertina)Non è un mistero che dopo il mezzo fallimento delle 5 Leggende (un film che dei 150 milioni di dollari di budget ne ha recuperati appena 90 negli USA), la DreamWorks abbia cominciato a grattarsi la testa per capire cosa fare del proprio del futuro.

Da una parte sono slittati progetti come Mr. Peabody & Sherman (che doveva essere uno dei film di fine 2013, e che invece rotola a Marzo 2014, lasciando completamente scoperto il lungo semestre invernale), e Me & My Shadow (che torna addirittura in fase di produzione).

Dall’altra, molte aspettative si sono concentrate sugli ultimi due progetti in uscita per quest’anno. I Croods (uscito a Marzo, che ha portato a casa ottimi consensi di pubblico e critica) e Turbo, in questi giorni nelle sale.

La trama di Turbo prende avvio da un soggetto semplice ma brillante. La storia di una lumaca che a dispetto della sua natura è affascinata dalla velocità, tanto da desiderare di poter correre la prestigiosa Indianapolis 500. Un fortunato incidente e un’improvvisa mutazione genetica le permetteranno di realizzare i suoi sogni.

Il film è l’esordio alla regia del giovane David Soren, storico nome della DreamWorks che ha contribuito come storyboard artist e story artist a diversi importanti lavori, tra cui: La strada per El Dorado, Shark Tale, Madagascar e Dragon Trainer.

Il giudizio è, tutto sommato, positivo ma Turbo non sorprende e non emoziona, confermando quella battuta d’arresto del colosso dell’animazione dal 2010. La storia è lineare e ben condotta, l’idea buona e gli sketch esilaranti.

FighettoMa il lavoro non si è dimostrato all’altezza delle aspettative, e i problemi sono molteplici. Innanzitutto, pur riprendendo la struttura e l’impostazione da un celebre capolavoro Disney∙Pixar, Ratatouille, Turbo si mostra radicalmente inferiore al prodotto della casa rivale, e la colpa è soprattutto della scarsa e quasi inesistente carica emotiva del film.

Inoltre è veramente esiguo lo spessore dato ai personaggi non protagonisti, sia dal punto di vista della caratterizzazione psicologica sia per quanto riguarda il progetto grafico; vanno perse molte occasioni di maggiore comicità e parodia, e c’è scarso interesse per le colonne sonore.

Il risultato, in via definitiva, non è un fallimento completo, Turbo resta un film divertente e un compitino ben svolto, ma lascia un generale senso di insoddisfazione per il potenziane andato perso e gli aspetti non sviluppati. Non resta che aspettare il 2014 e vedere se nel frattempo i “fabbricatori di sogni” avranno fatto progressi.