Intervista a Luca di Cecca, regista di Arturo e il gabbiano

Luca di Cecca è 3D artist presso lo studio Light and Color di Roma, per il quale ha lavorato a diversi progetti, da serie TV (come Giù dal nido) ad animazioni per il cinema (Youtopia).
Arturo e il gabbiano è il suo primo progetto come regista, un cortometraggio in CGI realizzato in Blender.

Raccontaci un po’ di te! Come è nata la tua passione per l’animazione?
Fin da piccolo ho sempre avuto la passione per il disegno, che è continuata fino al liceo. Poi mi sono iscritto a un’università di grafica, in una facoltà di architettura. Al tempo iniziavo ad essere appassionato della nascente computer grafica, e durante il mio corso di grafica ho scoperto AutoCAD e mi si è aperto il mondo del 3D.
Credo però che la vera passione per l’animazione sia nata dopo aver visto La sposa cadavere, un film che mi ha veramente colpito.
Ho iniziato a lavorare nel 2010 all’Augustus Color, uno studio di effetti visivi di Roma. Poi sono passato allo studio Light and Color, dove lavoro da 10 anni. Qui abbiamo realizzato corti, serie TV per la Rai, documentari, animazioni per aziende, film per il cinema. In seguito mi sono iscritto a un corso di laurea in storia dell’arte, dal 2012 al 2016.

Quanto è durata la produzione di Arturo e il Gabbiano?
Il corto è stato scritto 8 anni fa, poi per diverso tempo ho smesso di lavorarci. Nel 2018 ho partecipato al festival Cortinametraggio, dove ho visto tantissimi progetti di qualità, e mi è tornata voglia di riprendere in mano Arturo e il gabbiano. La produzione è finita nel settembre del 2019, ed è durata poco più di un anno.

In quanti avete lavorato al progetto?
Io ho realizzato la maggior parte del cortometraggio, e ho impiegato circa 9 mesi a modellare tutti gli asset. A metà della produzione si è aggiunto anche Nicolas D’Amore, che mi ha spronato a proseguire nel progetto, e Umberto Salerni, mio collega a L&C. Poi un musicista si è occupato delle musiche e un’altra persona mi ha dato una mano per il montaggio del corto.

Per via della pandemia, i festival a cui hai partecipato con Arturo e il gabbiano si sono svolti principalmente online. Com’è stata quest’esperienza?
Credo che sia stato un bene fare comunque i festival, anche se non in presenza. Potenzialmente ti aprono a un pubblico più ampio. Nonostante questo, mi è mancato il calore dei festival dal vivo, dove si crea sempre una grande affluenza.

Arturo e il gabbiano – scena del corto

Il tuo stile 3D è sempre abbastanza realistico; cosa pensi della moderna tendenza di abbandonare il realismo per preferire uno stile che ricordi il 2D?
Ci sono alcuni esempi di produzioni in 3D “classico” anche in Italia, come ad esempio il recente Trash di Luca della Grotta. Ma credo che in Italia ci sia un po’ di diffidenza nei confronti del 3D, forse perché lo si percepisce come uno stile un po’ freddo. Abbiamo una cultura dei disegno e del fumetto molto radicata, e spesso preferiamo vedere il “tratto” anche nell’animazione.
In realtà, anche con il 3D è possibile esprimersi molto artisticamente. Ma padroneggiare bene la tecnica e i software 3D è fondamentale per riuscire a farlo, e può aprire tantissime strade espressive.
Nel mio prossimo corto, per esempio, ci sarà una parte più realistica e una parte un po’ più sperimentale, che per me sarà una bella sfida.
Credo però che a prescindere dal mezzo espressivo, si debba sempre tenere a mente la domanda “Che cosa vuoi raccontare?“. Molte volte nell’animazione si è più affascinati dalla tecnica, dal raggiungere la qualità a livello visivo. Ma è fondamentale non perdere di vista il senso di ciò che creiamo. Sto cercando di concentrarmi molto su questo aspetto nei miei lavori futuri.

Tu utilizzi molto Blender, sia per i tuoi progetti personali sia in studio. Un software che, nonostante non sia ancora lo standard nel mondo del 3D, è in rapida espansione. Cosa pensi che abbia da offrire?
Io ho iniziato a conoscere Blender nel 2008, ma ancora non lo usavo. Poi nel 2010 ho conosciuto Luca de Mata, mio professore all’Università e poi mio datore di lavoro per tanti anni a Light & Color. Lui ha sempre insistito su Blender e sull’open source fin dai tempi dell’università. Inizialmente era un software ancora un po’ arretrato, anche se con grandi possibilità, e abbiamo iniziato usarlo per realizzare qualche piccolo progetto.
Ad oggi Blender non ha più limiti. Dalla release 2.8 in poi è in continua crescita, offre talmente tante funzionalità che è difficile stare al passo, e la community che si è creata intorno a questo software è veramente bella.
È un programma molto versatile, che permette di completare tutte le fasi della produzione: modellazione, texturing, animazione, e – con l’aggiunta di Grease Pencil – anche storyboard.
Naturalmente ha i suoi pro e i suoi contro; software come Maya permettono ancora funzionalità molto avanzate che Blender non offre. Ma penso che in futuro potrebbe essere anche utilizzato in grandi produzioni.
È un processo che verrà col tempo; nelle aziende ci sono delle pipeline di lavoro consolidate ed è difficile cambiarle velocemente.

Alla Blender Conference del 2019 avete presentato Arturo e il Gabbiano, raccontando che avete usato come reference per i movimenti del protagonista un vostro conoscente clown. Quanto è importante dare una personalità ai movimenti di un personaggio?
E’ molto importante. Spesso gli animatori si riprendono da soli, una tecnica molto utile. Ma soprattutto nelle grandi produzioni si tende a prendere come reference anche dei veri e propri attori, spesso comici. Il clown che abbiamo contattato aveva delle movenze molto interessanti che hanno dato ad Arturo più originalità. Fa parte dei tanti tasselli, insieme al design e alla sceneggiatura, che contribuiscono a rendere un personaggio reale.

Luca di Cecca presenta Arturo e il gabbiano alla Blender Conference del 2019

Disney Pixar ha da poco annunciato di stare lavorando al lungometraggio “Luca”, ambientato in Italia. Il film sarà diretto dal regista italiano Enrico Casarosa. Cosa ti aspetti da questo film?
Sono contento che ci sia un regista italiano perché questo sicuramente ridurrà il rischio di stereotipi. Va detto però che Pixar è sempre molto attenta al modo in cui rappresenta le diverse culture, come ad esempio nel film Coco. Penso che anche esteticamente sarà molto affascinante, come del resto tutti i prodotti a marchio Pixar.

Raccontaci dei tuoi progetti futuri!
In primo luogo sto lavorando a un progetto di piccole animazioni per il web che avranno come protagonista un pirata. Si tratterà di episodi molto brevi, di circa un minuto, con pochi asset e un solo character.
Poi sto lavorando al mio nuovo cortometraggio, che avrà uno stile un più sperimentale di Arturo e sarà una storia più introspettiva che tratterà di una condizione mentale. Non voglio pormi limiti di tempo per questo corto. Ho imparato che per i progetti personali è bene prendersi il tempo necessario.
Infine lavorerò a un cortometraggio per lo studio per cui lavoro, L&C, di cui curerò soggetto, sceneggiatura e regia.

Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera?
Sicuramente non smettere mai di studiare, ed essere sempre aperti alle novità. Mettersi sempre in gioco e sfruttare ogni occasione che si presenta. Sicuramente un buon portfolio è fondamentale per presentarsi come artista, perché è la nostra migliore arma.
Consiglio anche di esercitarsi molto, magari creando corti o piccoli progetti “propedeutici”, non necessariamente pensati per essere presentati ai festival, ma solo per esercitarsi e migliorare.

Domanda difficile: qual è il tuo film d’animazione preferito?
Se dovessi sceglierne uno, direi La Bella e la Bestia. L’ho visto al cinema, e mi ricorda la mia infanzia e la meraviglia che ho provato guardandolo, anche se è completamente diverso dal mio stile attuale. Nel cinema d’animazione penso che la cosa più importante sia suscitare la meraviglia nello spettatore e riuscire a fargli credere che l’impossibile sia possibile.

Arturo e il gabbiano – scena del corto