Il cinema di Isao Takahata: intervista a Enrico Azzano

Sceneggiatore, regista e co-fondatore dello Studio Ghibli, Isao Takahata è stato uno dei pilastri indiscussi del cinema d’animazione giapponese. Venuto a mancare di recente, Takahata ci ha lasciato capolavori incredibili come Una tomba per le lucciole, La storia della principessa splendente e l’indimenticabile serie animata Heidi.

Ma qual è stato il ruolo di Isao Takahata all’interno dello Studio Ghibli? In occasione del Future Film Festival di Bologna, che ha ospitato una bellissima retrospettiva dedicata al regista, ne abbiamo parlato con Enrico Azzano autore insieme ad Andrea Fontana del libro Studio Ghibli. L’animazione utopica e meravigliosa di Miyazaki e Takahata.

 

Quanto è stato importante Isao Takahata per lo Studio Ghibli? E cosa lo differenzia da Miyazaki?

Miyazaki e Takahata sono indubbiamente da considerarsi il cuore dello Studio Ghibli, il suo inizio e probabilmente anche la sua fine. Ma in realtà per capire a fondo la figura di Takahata non bisogna ignorare la sua carriera precedente alla nascita dello Studio e i suoi esordi all’interno della Toei Animation. C’è tutto un mondo da analizzare che va dai primi passi mossi come allievo nel 1959 fino al suo primo film da regista nel 1968, La grande avventura del piccolo principe Valiant. È una fase in cui Takahata mostra già delle caratteristiche che lo rendono molto diverso da Miyazaki, ad esempio il suo rapporto con il pubblico: Takahata è sempre stato meno attento al consenso di pubblico rispetto a Miyazaki. Non è un caso che il primo film in assoluto diretto da Takahata per lo Studio Ghibli è un documentario semi sconosciuto, molto lontano da quei prodotti di successo a cui siamo soliti associare lo Studio. Si tratta di un film, La storia dei canali di Yanagawa, inizialmente nato come film d’animazione e poi divenuto un documentario su una questione che aveva smosso la sensibilità del regista: Yanagawa era una sorta di Venezia giapponese e i canali di questa zona erano minacciati da rinnovamenti vari, non voluti dagli abitanti del luogo. Il film naturalmente non ha successo al botteghino, ma dà l’idea del modo di intendere il cinema da parte di Takahata. Anche Valiant, che pure era un film incredibile per quegli anni, ebbe scarso successo di pubblico. Quello che insomma potrebbe in qualche modo contraddistinguere il cinema di Takahata è l’idea di non dover per forza andare incontro ai gusti e alla moda corrente. Lui fa il suo cinema. Non che Miyazaki non fosse un idealista, ma il suo cinema è un sempre stato fortemente contraddistinto da un grande successo di pubblico.

Valiant2

Lo studio Ghibli è nato circa trent’anni fa, ma i suoi lavori, e in generale l’animazione giapponese degli anni ’70 e ’80 continua ad esercitare un fascino enorme sulle generazioni di oggi. Qual è il segreto di questo fascino senza tempo? 

I grandi film d’animazione di oggi, americani ed europei, hanno dalla loro sicuramente il fatto di poter essere imponenti e affascinanti. D’altro canto, però, almeno dal punto di vista grafico, sono tutti molto simili tra loro. Rispetto all’animazione occidentale, invece, l’animazione giapponese ha sempre avuto uno stile grafico diverso, una sensibilità estetica diversa, e soprattutto una libertà narrativa che noi non abbiamo. Era così in passato, ma in realtà è così anche oggi. Anche adesso l’animazione giapponese conserva una fortissima originalità che la contraddistingue dal resto del mondo. Forse è questa la chiave del suo successo anche agli occhi delle nuove generazioni.

pom poko

Lo Studio Ghibli non si è mai spaventato troppo all’idea di presentare al pubblico delle tematiche adulte e dolorose come quelle legate alla guerra, si pensi a uno dei grandi capolavori di Takahata, Una tomba per le lucciole. Anche questo lo differenzia dal resto dell’animazione mondiale?

Sì, ed è sempre un discorso legato alla libertà narrativa dell’animazione giapponese, e se vogliamo anche alla differenza tra l’industria cinematografica giapponese e la nostra. In occidente l’animazione è principalmente considerata un genere per bambini. Poi ci sono anche animazioni per adulti, ma sono considerate a loro volta un genere a parte. In mezzo non c’è nulla, non ci sono prodotti trasversali che possono prendere un pubblico più vasto e possono toccare temi di interesse sia per i giovani che per gli adulti. Il Giappone, invece, non si è mai posto paletti troppo rigidi da questo punto di vista. Avendo un’industria molto forte, può letteralmente spaziare da tematiche leggere a tematiche più serie. Lo Studio Ghibli ne è proprio l’esempio lampante. E soprattutto nel cinema giapponese non ci sono argomenti tabù che non si possono affrontare perché non adatti ai giovani.

Una tomba per le lucciole

Quanto c’è dello Studio Ghibli e di Takahata nei film dei nuovi registi giapponesi?

Non è mai facile dire quanto della lezione di un regista possiamo trovare in qualcun altro. Mamoru Hosoda (autore di Mirai, che uscirà in autunno in Italia n.d.r.) è certamente un miyazakiano, con uno sguardo riconducibile anche a Takahata. Anche in Sunao Katabuchi e nel suo In questo angolo di mondo c’è tantissimo di Takahata. Shinkai, il regista di Your Name, ha sempre dichiarato di dovere tanto a Miyazaki e del resto il suo Viaggio verso Agartha è un evidente omaggio al regista. Tra l’altro l’influenza dello studio Ghibli non si ferma solo al cinema giapponese ma la troviamo anche in quello coreano.