Intervista a Francesco Filippi, regista di Mani Rosse

In Italia non si fa stop-motion? E chi lo dice?

Per sfatare questo mito siamo andati a conoscere il regista di Mani Rosse, Francesco Filippi. Il suo mediometraggio di animazione in stop-motion racconta la storia di Ernesto, ragazzino sensibile e intelligente, ma anche iper-protetto e solo, che fa amicizia con Luna, adolescente misteriosa con uno straordinario potere: le sue mani emettono un vivido colore rosso che lei usa per disegnare splendidi murales in tutta la città. Purtroppo la vita di Luna è resa difficile da suo padre, uomo violento e irascibile. Tra i due ragazzi nascerà quindi una grande amicizia che li spingerà a tirare fuori il coraggio per aiutarsi a vicenda.

 

Red Hands – trailer 2017 from Francesco Filippi on Vimeo.

Per scoprire di più sul progetto, abbiamo fatto qualche domanda al regista:

Com’è nata l’idea di Mani Rosse? E soprattutto, com’è nata l’idea del potere di Luna, la capacità di rilasciare liquido rosso dalle mani?

È stata un’ispirazione un po’ inconscia. In treno, fantasticando, ho immaginato delle strisce di colore rosso lasciate da un mezzo in movimento, come una bicicletta o una navicella. Più avanti, quando ho scelto di raccontare questa storia, questo dettaglio caratteristico del colore rosso mi è tornato in mente e ho pensato di applicarlo al personaggio di Luna.

Mi è sembrata una buona idea, in primo luogo perché si trattava di qualcosa di visibile e tangibile, e quindi un modo più concreto e più cinematografico per esprimere le emozioni del personaggio. In secondo luogo perché questo dono ha un grande potenziale metaforico e simbolico facendo pensare inevitabilmente al sangue, con tutta l’ambiguità che questo comporta: il sangue rappresenta la vita, ma ci fa anche orrore quando lo perdiamo, perché è legato all’idea di violenza. E queste sono radici culturali che ci portiamo dietro da millenni. In realtà, ciò che Luna perde non è realmente sangue, lei stessa lo definisce “una specie di emozione”. Nella storia, questo potere nasce come reazione psicosomatica alle violenze che subisce in casa.

Tu hai alle spalle degli studi pedagogici che ti hanno aiutato molto nel comprendere i problemi degli adolescenti di oggi. Che tipo di messaggio vuole dare questo film ai ragazzi che subiscono questo tipo di violenze?

 Sì, io vengo da degli studi pedagogici e sono molto interessato a seguire il dibattito in corso e a restare aggiornato. Nel panorama sociale attuale tutti denunciano una grande fragilità dei ragazzi di oggi che noi adulti siamo impreparati ad affrontare. I ragazzi spesso non imparano a lottare, a gestire la frustrazione, a fare fatica. Non imparano a rialzarsi da soli. Le famiglie sono sempre più ristrette, e questo porta ad avere maggiori aspettative sui figli da parte dei genitori. L’obiettivo di questo film è convincere i ragazzi che nonostante il mondo adulto talvolta sia ostile (in un verso o nell’altro: Ernesto è iperprotetto, Luna viene picchiata) se vivi con coraggio e non cedi, puoi farcela. A volte ci si può anche liberare a vicenda, come succede ai due protagonisti. Anche se il film è drammatico, si vuole dare un messaggio di speranza: se il mondo che vedete non vi piace potete pensarne e crearne uno diverso.

La stop-motion è una tecnica costosa e difficile da gestire. Perché hai deciso di lanciarti in questa avventura?

Io credo che sia la storia a scegliere la tecnica, quindi cerco di ascoltare ogni volta le necessità della storia. Credo che la stop-motion dia la possibilità di affrontare questi temi con un po’ di delicatezza in più. Inoltre utilizzando questa tecnica riusciva meglio l’integrazione con alcune sequenze del film che avvengono nel mondo inconscio dei personaggi, realizzate in 2D. Tra l’altro nella mia carriera artistica avevo già affrontato tutte le tecniche tranne la stop-motion e volevo sperimentarla perché considero la versatilità il mio punto di forza. Essere versatili può essere rischioso perché il mercato ti inquadra più facilmente se decidi di mantenere uno stesso stile per tutta la vita. Io però mi annoierei da morire a mantenere lo stesso stile per sempre!

John Craney, che ha lavorato a Il signore degli anelli, NarniaFrankenweenie, ha dato il suo contributo per la realizzazione del film. Com’è nata questa collaborazione, come vi siete conosciuti?

La mia insegnante di stop-motion, Francesca Ferrario, ha lavorato per alcuni anni in Olanda. Lavorava per Pedri Animation, e qui era in contatto con il produttore dello studio a cui ha chiesto se conoscesse un esperto nella puppet animation. Lui ci ha consigliato Craney, che pur essendo inglese vive ad Amsterdam. Craney ci ha aiutato molto, inizialmente a distanza, consigliandoci come allestire il laboratorio; poi è venuto in Italia per due settimane e abbiamo avuto modo di lavorare insieme.

Recentemente è uscito un altro film in stop-motion, La mia vita da zucchina, che racconta la difficile vita di alcuni bambini con problemi familiari che vengono accolti in una casa famiglia. Credi che l’animazione si stia spingendo sempre più verso temi sociali?

Amo molto questo film e trovo che sia assolutamente allineato con quello che tentiamo di fare noi. In questo caso i protagonisti sono appunto bambini e non adolescenti, anche se le esperienze che hanno vissuto li hanno portati a crescere più in fretta del previsto. Questo tipo di film crea un precedente strepitoso, ed è un modo per ampliare il mercato dell’animazione. I bambini e i ragazzi devono potere fruire anche di questo tipo di storie, e non solo di contenuti patinati. Il mercato spesso si fa frenare dalla paura di spaventare i genitori proponendo dei prodotti troppo “adulti”. Invece è fondamentale che durante l’infanzia e l’adolescenza, quando si è più disposti a imparare e assimilare, si possa accedere anche a delle storie impegnate come questa.

 

Questo film supporta anche il telefono azzurro…

Sì, creeremo un sito e aiuteremo il telefono azzurro per una campagna di sensibilizzazione, con un tour nelle scuole italiane.

È stato possibile sostenere il film sulla piattaforma Ulule. Come verrà distribuito?

La post-produzione del film è stata possibile grazie a una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Ulule. La prima del film sarà al Future Film Festival. Poi Mani Rosse farà il suo percorso in vari festival, anche in Europa. Anche la Rai ha deciso di supportare questo progetto con un generoso pre acquisto, e il film sarà trasmesso su Rai 3. Il fatto che la Rai abbia deciso di supportare un prodotto di questo tipo è sintomo del fatto che il panorama sta cambiando. La speranza è che Mani Rosse possa restare un prodotto autentico e che riesca ad ampliare il mercato dell’animazione in Italia.

 Ma parlaci anche di te. Com’è nato il tuo percorso fino all’animazione, che storia ha lo Studio Mistral?

Lo Studio Mistral è una realtà piccolissima, composta da me e mia moglie. Ho deciso però di prendere il nome “studio” perché l’animazione si fa in gruppo: ci sono molte persone che mi aiutano frequentemente e che hanno continuato a collaborare con me negli anni, anche se non fanno stabilmente parte dello studio. Tra questi il direttore artistico Mauro Dal Bo, il compositore Andrea Vanzo, la scenografa Marina Gulinelli Marco Zanoni.

Tutto è nato attorno al progetto Back to Eptar, la mia prima opera. A 22 anni, trasferito da Bologna a Torino per studiare animazione, sognavo in grande, e quindi ho puntato sul fantasy. Insieme a dei miei amici abbiamo realizzato un trailer che ha vinto il premio del Cartoon on the Bay. Poi però il progetto non ha avuto sbocchi perché considerato un genere troppo avanti rispetto al tempo. Uno dei personaggi, uno squalo martello alato che si vede nel trailer, si chiamava Mistral, e ha dato il nome allo studio.

 Ti piacerebbe tornare al genere fantasy?

Sì, sicuramente. Back to Eptar andrebbe ripensato sotto certi aspetti, ma il cuore della storia resta valido. È un genere che mi piace molto. Vorrei riprendere in mano anche il progetto successivo, Rusty Red, più maturo e con un enorme potenziale. Questa storia racconta del perdono, altro tema di cui si parla poco, e si ispira a un fatto vero. C’è materiale sia per una serie che per un lungometraggio. Tra l’altro, dopo l’esperienza di Mani Rosse, sto pensando di introdurre anche qui delle parti realizzate in stop-motion.

 

Rusty Red from Francesco Filippi on Vimeo.

Per concludere non possiamo non chiederti che cosa ne pensi dell’animazione in Italia…

Il bisogno principale in Italia è quello di creare un piano di coordinamento generale che permetta ai registi di trovare fondi per le loro produzioni in maniera semplice. Attualmente il sistema è lento e macchinoso e io e il produttore, Michele Fasano, abbiamo avuto non poche difficoltà. Pare però che ci sia la volontà di fare meglio che in passato, con qualche cambiamento positivo che fa ben sperare.