Il tempo di BoJack Horseman

Era l’estate del 2014. Stavo svogliatamente sfogliando il catalogo di Netflix alla ricerca di una nuova serie da iniziare. Per l’ennesima volta, sulla copertina mi compare l’immagine di un cavallo antropomorfo che mi fissa con uno sguardo invitante. Ma a me, sinceramente, non interessano tanto le serie animate. Sembra carina ma niente di che, sicuramente posso trovare qualcosa che impieghi meglio il mio tempo. Il cavallo continua a fissarmi. Penso tra me e me, vabbè, che sarà mai? Premo play.

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Siamo qui tre anni dopo e sto scrivendo su un sito che si occupa di animazione. Questo dovrebbe darvi un’idea di quanto la visione di BoJack Horseman abbia influito sulla mia vita e sullo sviluppo delle mie passioni. Se ripenso a posteriori a quel momento mi rendo conto che avevo imparato la prima lezione di BoJack: le star di Hollywoo ottengono sempre quello che vogliono. O quasi.

La quarta stagione di Bojack Horseman è quella in cui la serie raggiunge ufficialmente la maturità e definisce in maniera definitiva la sua identità. Una critica serrata all’ipocrisia e alla superficialità degli ambienti di Los Angeles e della cultura che rappresentano, come nell’episodio “Thoughts and Prayers”. Una satira politica e sul mondo dell’informazione: in questa stagione troviamo infatti una delle più sottili e taglienti parodie della campagna presidenziale degli Stati Uniti del 2016. La lotta per l’affermazione sociale, prima che politica, dei diritti delle minoranze identitarie, che trovano un eroe inaspettato in Todd. E stiamo solo grattando la superficie. I primi due episodi sono poi esemplari nel modo in cui ritraggono alla perfezione le due pulsioni che nella loro alternanza mantengono l’equilibrio su cui si regge la serie: quella giocosa, folle, multicolore e sgangherata di Mr Peanutbutter e quella profonda, introspettiva, straziante ed emotiva di BoJack. Nel terzo episodio invece le ritroviamo entrambe nel personaggio di Todd, che in questa stagione pur mantenendo il suo ruolo caricaturale, inizia ad entrare nel mondo reale, sempre, ovviamente, a modo suo.

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Ma la vera sorpresa di questa stagione sono i personaggi femminili. Innanzitutto viene introdotta Hollyhock che, convinta di essere figlia di BoJack, è alla ricerca della madre. Un personaggio davvero interessante in quanto fin dall’inizio chiarisce a BoJack di non avere bisogno di una figura paterna che la completi, essendo stata adottata in una relazione poliamorosa di cinque padri. La ragazza è indipendente, intelligente, sagace e per alcuni aspetti simile a BoJack, che con lei cercherà di intrattenere una relazione sana, per la prima volta non facendo di tutto per sabotare il rapporto. Diane è invece alle prese con il suo matrimonio: a causa della campagna elettorale per diventare governatore, Mr Peanutbutter è a stretto contatto con le sue ex mogli e questo costringe Diane a riflettere sulla sua relazione con il marito e con se stessa. Princess Carolyn prosegue nella sua eterna lotta per bilanciare vita professionale e privata, affrontando le enormi difficoltà che ne conseguono. In entrambi i casi, gli autori della serie hanno costruito tutta una nuova serie di conflitti interiori senza mai tradire l’anima dei personaggi.

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Il tema centrale della quarta stagione è senza ombra di dubbio il tempo. Nonostante venga spesso ripetuta la frase “Time’s arrow, it only marches forward” – tramandata di generazione in generazione nella famiglia di BoJack – è evidente come a livello narrativo la ricostruzione temporale di questa stagione sia esplorativa e a tratti complicata. Infatti uno degli elementi che ha reso BoJack Horseman il capolavoro che è, è la continua sperimentazione con la forma: in questa stagione vediamo il passato ripresentarsi con prepotenza, spesso mischiandosi o sincronizzandosi con il presente, dando così vita a delle sequenze meravigliose e struggenti. Il passato che ritorna è simboleggiato da un altro personaggio femminile, quello di Beatrice Sugarman, la madre di BoJack, che dopo essere stata cacciata dalla casa di riposo in cui risiedeva è andata a vivere con il figlio. Affetta da demenza senile, non riconosce il presente ma vive perennemente nel passato, che viene lentamente rivelato in tutta la sua oscurità.

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Se poi ci aggiungete un cameo di Zach Braff (geniale nella sua attuazione), dei clown-dentisti, dei dentisti-clown, un regno di formiche sotterranee e un “drone throne” diventa evidente come in questa stagione – forse più che in tutte le altre – l’equilibrio tra le due anime è perfetto. La struttura della stagione è ormai consolidata con i primi episodi che ristabiliscono la norma devastata dal finale della stagione precedente; gli episodi centrali che affrontano la maturazione dei personaggi e si confrontano con tematiche sociali; il penultimo episodio che scocca una freccia dritta al cuore e l’ultimo dove si tirano tutte le fila tese durante il resto della stagione.

Con la sua quarta stagione BoJack Horseman si riconferma una delle migliori serie tv della nostra generazione, riuscendo a districarsi tra i demoni del passato, le difficoltà del presente e l’incertezza del futuro con la solita raffinatezza, profondità e leggerezza.

Simone Buzzi Reschini